Vittoria e Abdul
di Stephen Frears
con Judi Dench, Ali Fazal, Olivia Williams,
Michael Gambon
UK – Usa 2017 - 112'
La regina Vittoria è costretta ad affrontare la disapprovazione generale dell'ambiente nobiliare per aver stretto una profonda ma insolita amicizia con Abdul Karim, un giovane impiegato venuto dall'India in occasione del Giubileo d'Oro della sovrana.
Scorrono sul piano inclinato della contraddizione Vittoria e Abdul, i nuovi eroi evocati dal portfolio di Stephen Frears per un duetto transculturale imprevedibilmente scaturito dall'austera epoca vittoriana. Lo scenario storico di fine '800, che non prevede ancora la longevità da terzo millennio di Elisabetta II e il rinculo antieuropeista della Brexit, contempla l'Impero britannico e la sua perla più preziosa, quella indiana. Ma Stephen Frears intinge come sempre il suo cinema nel contraddittorio che oppone Storia e personalità nel dramma della umana resistenza alla pressione del sistema. E in questo caso è la 67enne Vittoria, Regina d'Inghilterra e Imperatrice d'India, a spiazzare le aspettative e decidere che il suo migliore amico possa e debba essere un valletto 24enne proveniente dall'Uttar Pradesh, nell'India del Nord, di nome Abdul Karim, giunto a corte per offrire alla regina un esotico omaggio e da lei nominato il munshi, ovvero il maestro. Siamo nel 1887 e nei quattordici anni di regno che le restano Vittoria dovrà affrontare la strisciante ostilità della corte per l'amicizia e i privilegi offerti al simpatico, furbo e anche un po' fraudolento indiano. Frears è su questa dinamica che gioca la parte principale del suo film, trovando spazio nelle preoccupazioni dei cortigiani di fronte alla curiosità esotica suscitata nella regale matrona dalla cultura musulmana di cui Abdul si fa portatore. La traccia transculturale resta però sullo sfondo, giacché Frears preferisce (saggiamente) non esporla, insistendo piuttosto sul legame umano che la vecchia regina e il giovane valletto stringono di fronte al rigore delle attese della corte.
Massimo Causo ( Duels )
Se la prima parte del film si dilunga in una tradizionale quanto godibile disamina sulla difficile comprensione fra culture, usi e religioni differenti, Victoria & Abdul si dipana poi come occasione di crescita reciproca di una strana coppia di amici a corte. Certo, la sceneggiatura di Lee Hall - autore di Billy Elliot - non manca di qualche spolverata di zucchero, ma l’intento di Frears è chiaramente quello di dare corpo a una metafora contemporanea. L’incontro di due mondi opposti, il ruolo fondamentale della cultura, l’invito a non arroccarsi dietro a un glorioso passato superato dai tempi che cambiano sono spunti attualissimi, e la graffiata conclusiva ne è la geniale conferma: in un finale tanto toccante quanto incisivo, Frears fa morire la regina Vittoria felice e raccomandata niente meno che ad Allah. Come è stato scritto, Victoria & Abdul è insomma un film d’epoca: la nostra.
Francesca Savino (Il Ragazzo Selvaggio n. 126)
Il Trailer
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