di Craig Gillespie
con Margot Robbie, Sebastian Stan,
Allison Janney, Julianne Nicholson USA 2017 - 119'
L'incredibile
storia vera di Tonya Harding, pattinatrice artistica su ghiaccio
salita alla ribalta internazionale non solo per le sue doti sportive,
ma anche per il coinvolgimento nell'aggressione alla collega Nancy
Kerrigan, nel gennaio 1994.
Io: pronome personale, prima
persona singolare. Tonya: nome proprio, femminile, un po’ middle
class e un po’ supereroina, a suo modo perfetto per andare sulle
prime pagine dei giornali, sport o cronaca giudiziaria poco importa.
Tonya, sin dal titolo originale preceduto da quell’I, racconta di
queste due entità in una. L’Io che si confessa senza filtri
davanti alla macchina da presa e la “crudele” Tonya Harding sono
la stessa persona? Due facce della stessa medaglia o due visioni
diverse che non combaciano mai? La verità non esiste dice alla fine
la protagonista nello sguardo delirante e dolente che le trasmette
una clamorosa Margot Robbie, produttrice – ormai a Hollywood i film
gli attori se li fanno da soli o quasi – e musa dark dell’America
campagnola, quella densa di kitsch anni 80, che vota Reagan ed è
disposta a tutto pur di eccellere, soppiantando con ogni mezzo lo
snobismo delle classi alte e delle Nancy Kerrigan che si mettono in
mezzo. Self made… woman in questo caso. Che storia quella della
pattinatrice Tonya Harding: la gloria arriva nel 1991 con la vittoria
dei campionati nazionali e il primato di essere la prima americana a
effettuare un triplo axel, ma dietro si nascondono un’infanzia-incubo
vissuta a Portland, una madre senza cuore, un padre fuggito, e certo
una passione per il pattinaggio tutta sacrificio, piroette
impossibili, caviglie di ferro e rivalità nevrotiche pronte a
esplodere. E poi c’è la figura cruciale di Jeff il marito debole e
violento che orchestra un piano improbabile per escludere la rivale
Nancy Kerrigan dai giochi olimpici invernali e mette tutti e due nei
guai.
Craig Gillespie, australiano
di nascita ma cresciuto professionalmente a New York, scherza a più
riprese con i codici scorsesiani (ritmi veloci, voice over, impennate
violente, soundtrack pop/rock), come fosse un David O’ Russell più
iconoclasta e politicamente scorretto. Sicuramente meno serioso. Ed è
un bene perché questa è una black comedy sul sogno americano dove
tutto sembra improbabile e invece è realmente accaduto. Più che un
biopic sportivo ecco il dietro le quinte di un personaggio
contraddittorio che si porta dietro altri personaggi impossibili e
grotteschi. Le finte interviste ai protagonisti accavallano
prospettive differenti ma più che rileggere i fatti, forniscono
elementi per una ricca comica finale. La fiction segue una cronaca
dei fatti che è già spettacolo all’americana. Alla fine
assistiamo a una storia senza vincitori, dove rimangono soltanto i
vinti, questi looser con il loro ghigno ignorante e perverso che sono
necessari al Sistema. E sotto sotto ci scopriamo ad amarli come
fossero amici nostri, perché sappiamo che senza di loro lo
“spettacolo” non potrebbe nemmeno iniziare.
Carlo Valeri (Sentieri
Selvaggi)
"Tonya" il trailer
Nessun commento:
Posta un commento