1 febbraio
OffiCinema
Il Cinema di Joel & Ethan Coen


Registi e sceneggiatori cinematografici statunitensi: Joel, nato a St. Louis Park (Minneapolis) il 29 novembre 1954; Ethan, nato ivi il 21 settembre 1957. Nell'ambito di un lavoro tra i più originali nel panorama cinematografico statunitense degli anni Ottanta e Novanta, in cui appaiono perfettamente combinate le tecniche di ripresa più sofisticate e una spiccata coscienza letteraria, appare estremamente significativa l'evoluzione poetica ed espressiva che percorre la loro opera. Ai primi film, strutturati sul sovvertimento e la contaminazione delle regole narrative dei generi, è seguito un ripensamento del puro divertissement in chiave malinconica mediante il quale il cinema dei C. ha assunto un respiro più ampio, pur continuando a delineare un mondo caotico e sregolato. Affermatisi con il loro stile di inequivocabile singolarità, nel 1991 si sono aggiudicati la Palma d'oro al Festival di Cannes per Barton Fink (Barton Fink ‒ È successo a Hollywood) e nel 1997 il premio Oscar per la migliore sceneggiatura con Fargo (1996).Provenienti da una famiglia di intellettuali ebrei, dopo aver studiato al Simon's Rock of Bard College (Massachusetts) Joel ed Ethan hanno continuato la loro formazione seguendo rispettivamente l'Institute of Film and TV di New York e i corsi di filosofia alla Princeton University. L'esordio nel cinema risale al 1984 quando con Blood simple (Blood simple ‒ Sangue facile), i due autori hanno ottenuto un insperato successo di pubblico, dopo che in precedenza Joel aveva collaborato con Sam Raimi e per quest'ultimo aveva scritto con Ethan la sceneggiatura del film Crimewave (1985; I due criminali più pazzi del mondo). In particolare, sin da questa prima opera appare consolidato un metodo di lavoro che prevede la piena collaborazione dei due fratelli in tutte le fasi. Se Joel è più coinvolto nella regia ed Ethan nella produzione, i film risultano però scritti da entrambi e, in particolare, un procedimento di annotazione sistematica dei loro piani di ripresa fa delle sceneggiature non un canovaccio, ma un progetto di messa in opera perfettamente funzionale al basso budget del loro cinema indipendente. La pratica paraletteraria della sceneggiatura ha nel loro lavoro il valore di un'accurata fase di pre-produzione che include, nel dettaglio, ampie didascalie, minuziosi appunti di regia, sino alla previsione del minimo effetto sonoro, con le scene da girare predisposte in tutti i particolari, in modo da ridurre così i costi di lavorazione e assicurarsi il final cut. In particolare, fa da sfondo a Blood simple, come alle altre prime commedie acide dei C., la grande provincia statunitense, specchio di un profondo disadattamento e di una difficile convivenza fra le minoranze che, soprattutto nei primi film, produce un divertissement dal sapore amaro. E se l'umorismo ebraico si rivela componente fondamentale del loro gusto per la farsa grottesca, qualche traccia mostrano di aver lasciato nel loro stile anche le commedie all'italiana, approssimativamente doppiate e viste da ragazzi. 

Con spirito iconoclasta, i C. attraversano così il pulp hollywoodiano rovesciandone la logica rassicurante: in questa chiave ironica e allucinata va letta la loro revisione dell'horror nel primo film, come anche quella della screwball comedy nel successivo Raising Arizona (1987; Arizona junior), e del thriller e della gangster story in Miller's crossing (1990; Crocevia della morte). I C. della prima fase guardano al cinema soprattutto come a un serbatoio di moduli compositivi e narrativi, penetrati così a fondo nell'immaginario da indurre reazioni quasi automatiche nel pubblico, le cui aspettative vengono volutamente e puntualmente tradite: si pensi alla scelta in Miller's crossing di uno scenario boschivo totalmente estraneo all'ambientazione urbana richiesta da un vero noir. In questo film, in particolare, meno straniato rispetto al genere di riferimento, emergono comunque tutti i tratti stilistici del loro cinema: prospettive distorte, veloci piani-sequenza, primi piani improvvisi. Il meccanismo di distorsione e di contaminazione degli schemi narrativi e del linguaggio risulta accentuato dalle impietose inquadrature grandangolari, dalle riprese ravvicinate in soggettiva e dalle brusche, vorticose plongées dei due autori, che si erano spinti a far avventurare la macchina da presa fin dentro il cavo orale dei protagonisti nel precedente Raising Arizona, mentre nel successivo Barton Fink (1991) la macchina da presa viene lanciata lungo spazi reconditi e sotterranei, come i tubi del lavandino della modesta stanza d'hotel in cui lo sceneggiatore protagonista (John Turturro) cerca ispirazione. In quest'opera, fondamentale per comprendere il lavoro di deformazione accentuata del reale sempre più indirizzata sulla strada del grottesco, il processo di scomposizione dei generi di tradizione hollywoodiana sembra assumere le sfumature allucinate dell'incubo, mentre la riscrittura e l'uso del déja vu si confermano tra i principali elementi alla base del loro stile eterodosso, in cui risultano frequenti gli omaggi ai film di Alfred Hitchcock e Orson Welles. 



Con tocco più lieve, ma egualmente indirizzato verso una scelta intellettualistica, i C. hanno quindi realizzato nel 1994 il funambolico The hudsucker proxy (Mister Hula Hoop), valendosi della collaborazione di Sam Raimi, a seguito del quale però, la miscela di glamour hollywoodiano e di slapstick comedy è apparsa formula cinematografica fin troppo prevedibile e non priva di una certa stanchezza anche agli occhi dei due fratelli. Così, pur lasciando inalterato l'intreccio rocambolesco che ha la sua fonte letteraria privilegiata nella detective story chandleriana, con i suoi percorsi spericolati e la figura del detective come personaggio sempre fuori parte, travolto, suo malgrado, da imprese al di sopra delle sue possibilità, i C. hanno corretto le pose fumettistiche dei protagonisti e gli accenti manieristici delle loro rivisitazioni. Non a caso, a partire da Fargo sono stati abbandonati i fondali posticci dei generi hollywoodiani e gli intricati intrecci chandleriani sono stati trasferiti tra le nevi del Minnesota. In tale rinnovato contesto si inseriscono personaggi schivi come la Marge Gunderson (Frances MacDormand) di Fargo, splendida figura di donna poliziotto, o il 'Dude' (Jeff Bridges) di The big Lebowski (1998; Il grande Lebowski), in cui si riaffaccia l'incapacità di distinguere ciò che è reale da ciò che è fittizio che aveva connotato Barton Fink, in una Los Angeles congestionata dove spetta a un 'reduce' degli anni Sessanta resistere al fanatismo consumistico che lo circonda. I C. affidano qui a un personaggio inaffidabile il compito poliziesco di uscire dalle trame artificiose di loschi interessi e di violenza dei poteri occulti, provocando un'inversione di ruoli in cui lo slacker intorpidito dalle droghe leggere assume una funzione costruttiva che, per contrasto, ancor meglio illumina la profonda corruzione e il disordine dei poteri mediatici e finanziari contro cui deve battersi. Il lavoro di spostamento (di ruoli, di soluzioni narrative), di ricontestualizzazione, di incastro e di selezione di materiali che caratterizza i loro film, li rende nel complesso un corpus intertestuale di intrecci abilmente dislocati dalla pagina scritta allo schermo in cui l'uso ironico della citazione letteraria fa affiorare per contrasto, dietro ai paesaggi quasi artici in cui vengono ambientate alcune delle storie, una topografia letteraria che, prima di loro, aveva collocato i disadattati nel Sud degli Stati Uniti: da W. Faulkner a scrittrici come C. McCullers o F. O'Connor. In O brother, where art thou? (2000; Fratello dove sei?) singolare rilettura dell'Odissea riambientata negli anni della Depressione, le coordinate geografiche tornano a coincidere con quelle della sempre denunciata matrice letteraria di riferimento (la fuga dei tre galeotti protagonisti si snoda infatti lungo il Mississippi) contaminata da percorsi che incrociano suggestioni di vario tipo, a partire dal titolo (esplicita citazione del titolo del film che il protagonista di Sullivan's travel, diretto nel 1942 da Preston Sturges, progetta di realizzare e al quale poi rinuncerà), e compresi richiami a reali ed emblematici personaggi di quel periodo, come il famoso gangster 'Babyface' Nelson. Nel successivo The man who wasn't there (2001; L'uomo che non c'era) i C. hanno mostrato di voler esasperare le modalità del citazionismo, mimando manieristicamente il modello del noir e nello stesso tempo straniandolo, e sospendendo in un bianco e nero polveroso l'intricato incubo di un 'uomo senza qualità', reso alla perfezione dalla recitazione opaca e inquietante di Billy Bob Thornton.
Una significativa conferma della forte ispirazione letteraria sottesa alla loro opera è il pur fugace passaggio alla narrativa di Ethan con i racconti di Gates of Eden (1998), che non smentisce l'abilità combinatoria, l'eclettismo e il gusto per la rivisitazione ironica mostrata dietro alla cinepresa insieme con il fratello Joel, e ripropone la miscela di umorismo yiddish e di screwball comedy che caratterizza i loro film.
Daniela Daniele

(Enciclopedia del Cinema Treccani)





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