america & musica
Omaggio a Violeta Parra
Il secondo appuntamento di OffiCinema con il ciclo "america&musica" è dedicato a Violeta Parra, cantautrice, poetessa e pittrice cilena che sta nel cuore della cultura latinoamericana con almeno una canzone, la celebre "Gracias a la vida, Que me ha dado tanto". A lei è stato dedicato un film biografico di grande successo.
Violeta Parra è stata una donna generosa, geniale ed inquieta. Di
carattere soggetto ad allegrie irresistibili e a terribili
depressioni improvvise, ha sempre avuto chiaro quale fosse il compito
che si era prefisso. Del folklore diceva: "Non lo intendo come
una sopravvivenza archeologica isolata che si sviluppa come cultura
dominata nei confronti di una cultura dominante, ma come un fenomeno
culturale vivo che corrisponde a determinate forme sociali e che si
trasforma o si annulla in funzione di tale corrispondenza".
"Gracias a la vida" è la canzone per la quale diviene nota
in tutto il mondo. Tradotta in molte lingue è senza dubbio uno delle
più celebri canzoni latino americane. Ne esiste anche una versione
italiana, cantata da Gabriella Ferri, che è unita a Violeta Parra
anche per il tragico destino finale della propria vita, e cioè la
scelta del suicidio.
La biografia di Violeta Parra è costellata da molti eventi da
ricordare e da un finale appunto oscuro. Nasce il 4 Ottobre 1917 a
San Carlos, nel sud-est del Cile. Fin da bambina si avvia alla
composizione, tuttavia senza accostarsi a scuole o conservatori.
Senza dubbio importante è stata in questa prima fase l’influenza
del padre, maestro di musica. Non rinnegherà mai le proprie umili
tradizioni musicali, anzi diventerà un vessillo della ricerca e del
mantenimento della cultura musicale e popolare cilena. Per
sopravvivere svolge i lavori più disparati, tra cui cucinare
frittelle, lavorare in un circo. Nel frattempo da anche lezioni di
cueca, il ballo nazionale cileno. Contemporaneamente si dedica anche
ad altre attività artistiche, come la ceramica e la tappezzeria. I
suoi quadri su iuta sono stati esposti tra l'altro anche al museo del
Louvre.
Dal matrimonio col ferroviere Luis Cerneda verranno al mondo Isabel e
Angel, che contribuiranno negli anni a sviluppare il lavoro già
iniziato e tracciato dalla madre in ambito musicale. A partire dal
1954 inizierà a viaggiare anche molto per il mondo, soprattutto nei
paesi dell’Est Europa, dopo essersi avvicinata al partito comunista
cileno. Tragica è la sua morte: il 5 febbraio 1967 decide di porre
fine ai suoi giorni dentro ad un teatro. Si sono spese molte
interpretazioni per spiegare il gesto: c’è chi sostiene che
Violeta soffrisse per motivi di lavoro, c’è chi dice che non si
sentiva pronta a lottare nel nuovo clima di fervore rivoluzionario
che precedeva il ’68, c’è chi sostiene che fosse l’amore
tormentato per l’antropologo svizzero Gilbert Favre a provocarle
angustia di vivere.
(da
“Cultiralatina.it”)
Un gioiellino raro questo Violeta Parra went to heaven del regista
cileno Andrés Wood sulla grande artista cilena morta suicida nel
1967, e in uscita il 4 luglio nei cinema in Italia. L'abilità, o
forse la fortuna, di Wood è stata quella di trovare una interprete
eccezionale per il ruolo di protagonista. L'attrice Francisca Gavilàn
è infatti una straordinaria Violeta, le somiglia moltissimo, suona e
canta tutte le canzoni della colonna sonora. Il film, che si avvale
anche dell'eccellente fotografia (in bianco e nero e a colori) di
Miguel Ioan Littin (figlio di uno dei più noti registi cileni),
utilizza come filo conduttore un'intervista che lei concesse alla tv
argentina nel 1962. E ne ricostruisce la vita basandosi sulla
biografia che di Violeta Parra scrisse il figlio Angel. Dai viaggi
attraverso il Cile alla ricerca di vecchie canzoni della cultura
popolare orale che altrimenti sarebbero andate perdute; ai lunghi
soggiorni in Europa (Polonia e Francia) che la renderanno famosa con
l'esposizione dei suoi dipinti e dei suoi arazzi al Museo del Louvre;
fino al teatro-tenda che costruì ai piedi delle Ande, fuori
Santiago, e che nei suoi progetti doveva diventare l'Università del
Folklore.
Il film di Andrés Wood con Francisca Gavilan nel ruolo di Violeta
Parra, cantante, poetessa e pittrice cilena scomparsa nel 1967 alla
quale si deve un'importante opera di recupero e diffusione della
tradizione popolare del Cile in chiave di denuncia e la protesta per
le ingiustizie sociali. Il film, del quale Repubblica.it vi propone
questa clip in anteprima, è tratto dal libro "Violeta Parra è
andata in cielo" di Angel Parra, figlio dell'artista.
Musicista, cantante, cantautrice (è sua l'indimenticabile Gracias a
la vida), poetessa, pittrice, scultrice, Violeta Parra è un'icona
della cultura popolare sudamericana. Nel film il regista Andrés Wood
si concentra soprattutto sul personaggio più privato. Gli amori, i
mariti, i tre figli, le passioni, le illusioni e i drammi, fino
all'amore per il flautista e ricercatore svizzero Gilbert Favre che
la porterà al suicidio. Uno sguardo molto intimo, epico e
struggente, che - ha sottolineato qualche critico - forse sorvola un
po' troppo sul contesto. Dalle battaglie politiche della Violeta
comunista, incompresa e combattuta in Cile; all'influenza decisiva,
sulla sua formazione, di suo fratello Nicanor, a sua volta grande
poeta e intellettuale; all'ultima stagione della sua vita, quando
insieme alla fine della sua relazione con Favre, Violeta soffrirà
del disinteresse del Cile di allora per la sua creatività e il suo
genio.
Ma grazie alla recitazione di Francisca Gavilan il film di Wood
riesce a disegnare una bellissima Violeta: volitiva, appassionata,
tormentata. Il figlio Angel Parra ha raccontato di essere stato
costretto più di una volta ad abbandonare il set delle riprese
emozionato fino alle lacrime perché nel volto di Francisca vedeva
rivivere sua madre. Ed è questo forse il complimento più bello per
un film che ha voluto resuscitare un mito tanto universale quanto, a
suo modo, ignoto. Uscito nel 2011, Violeta Parra went to heaven ha
già ottenuto un grande successo di pubblico ed è stato candidato
all'Oscar come miglior film straniero nel 2012. D'altra parte Andrés
Wood non è, per la cinematografia latinoamericana, uno sconosciuto.
È sua una delle opere più intense e apprezzate sugli anni di
Allende e Pinochet: Machuca (girato nel 2004), che racconta con
grande tenerezza la vita di due ragazzini in Cile alla vigilia del
colpo di Stato del 1973.
(da
“Repubblica.it”)
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