(h. 18.00 e h. 21.15)
Un giorno devi andare
di Giorgio Diritti
Con Jasmine Trinca, Anne
Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner
Italia, 2013
Durata: 110'
Drammatico
Augusta è fuggita
dall'Italia per combattere il suo dolore e ritrovare se stessa.
Seguendo l'amica suor Franca è giunta in Amazzonia, per confrontarsi
con un'esperienza lontanissima da quella della vita cui è abituata.
Ma ben presto capisce che il “professionismo” religioso non fa
per lei e cambia strada. Sarà solo la prima di varie svolte nella
perenne ricerca del proprio equilibrio. Nel frattempo, in Italia, la
madre l'attende preoccupata...
Per certi versi è il
film che Terrence Malick non riesce più a fare: paragone forse
eccessivo, d'accordo, ma che denota un pensare alto e altro
ormai raro nel cinema italiano. L'aspetto più interessante è questa
poesia della quotidianità, che non diventa mai né cifra stilistica
principale, né impedimento alla sperimentazione. Al contrario, il
regista si lascia ogni tanto abbandonare a qualche elaborazione
visiva molto interessante, che crea un efficace contrappunto rispetto
al naturalismo della fotografia. Abbiamo così vari momenti che si
intrecciano lungo il racconto e che di volta in volta sembrano
riflettere varie caratteristiche del cinema di questo anomalo autore:
la concretezza di Ermanno Olmi (alla cui scuola Diritti si è
formato), l'afflato libertario di un cinema non necessariamente
italiano nella forma, e una tendenza alla narrazione che sta addosso
ai personaggi, più direttamente vicina ai canoni della nostra
industria.
Al centro di tutto, in
fondo, c'è una protagonista in cerca di se stessa e che per questo
agevola l'indeterminatezza ricercata dal progetto: una donna che, fra
le righe, capiamo essere fuggita dopo aver appreso di non poter
generare figli, ma che alle spalle ha pure la perdita di un padre che
sembra averla particolarmente segnata. Diritti però cerca di
dribblare le trappole della psicologia spicciola, lasciando questi
particolari sullo sfondo, concentrandosi invece sui contrasti che
Augusta genera nell'immediato, con la sua presenza “aliena” in
uno spazio che lo spettatore percepirà comunque come eccezionale
(nel senso vero e proprio di eccezione).
Su tutto domina in
particolare una tendenza al nomadismo, al continuo spostarsi di luogo
in luogo: ogni qual volta sembra infatti che Augusta abbia trovato la
sua dimensione, ecco che qualcosa la spinge a fuggire ancora. Si
tratta, nella maggior parte dei casi, di una dinamica del
rimpiattino, perché il motivo che, al fondo, fa sempre continuare il
viaggio è che ogni volta la protagonista scopre di non essersi
riuscita a lasciare il proprio mondo “occidentalizzato” alle
spalle.
(Davide Di Giorgio, da
Il nido di Rodan)
Trailer
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